Anzitutto per il vuoto e per la confusione degli usi delle lingue del teatro veneto.
Nessuna scuola di teatro o istituzione impartisce gli insegnamenti o i minimi rudimenti per affrontare i testi teatrali veneti. La confusione degli usi che si registra nella pratica scenica, sia amatoriale che professionale, mostra una trasmissione di saperi spesso orecchiati e riportati di seconda o terza mano, affidati alla sola pratica estemporanea.
Non esiste più oggi una realtà di compagnie professionali specializzate nel repertorio veneto e quindi, con esse, manca una "scuola viva". Queste compagnie, fondate a partire dall'esempio della Torta Morolin (che ingaggia Riccardo Selvatico e poi Giacinto Gallina) hanno preso avvio - come gli altri teatri di tradizione cittadina e dialettale - a partire dall'unità d'Italia. Le compagnie professionali di repertorio veneto e di circolazione nazionale sono definitivamente uscite di scena all'altezza degli anni Sessanta del Novecento, dopo l'età dei Baseggio, dei Cavalieri, dei Micheluzzi. In parte le ribalte filodrammatiche continuano questa tradizione, ma in misura sempre più difficile e lontana.
Il teatro professionale - dagli Stabili alle compagnie private - allestisce di quando in quando questo repertorio, con punte forti, come il Goldoni veneziano, e facendo talora posto, ma sempre più sporadicamente, ad altri autori, da Ruzante al teatro dell'Ottocento e del Novecento. Ma è esperienza comune per chi si interessi per ragioni di studio a questo campo, sentirsi rivolgere da attori e registri alcune domende relative a fatti, anche elementari, di fonetica, pronuncia, morfologia, significato delle parole. Che ciò accada ogni qual volta una compagnia si accinge a una messinscena è evidentemente significativo.
Per confusione degli usi intendiamo delle convenzioni diffuse e dei veri e propri luoghi comuni. L'esistenza di un veneziano settecentesco con determinate regole di pronuncia, ad esempio. La mescolanza indebita tra usi della pronuncia standard italiana e quella dei dialetti, e così via. La caratterizzazione linguistica delle compagnie della prima metà del Novecento era quindi incerta, schematica e spesso stereotipa, la scelta delle rappresentazioni venezianocentrica e concentrata quasi esclusivamente su Goldoni, la formazione approssimativa e trasmessa direttamente sulla scena, ma, con la fine di questa esperienza, è seguito un vuoto pressoché totale.
Nessuno insegna nulla a questo proposito, a partire dagli enti in qualche misura preposti alla salvaguardia di questa ricchezza (come il Teatro Stabile del Veneto), e manca del tutto, come si è detto, una scuola di formazione o di riferimento relativa a un uso corretto e plausibile dei differenti dialetti e delle tante varietà cronologiche, sociali, espressive. L'Accademia del teatro in lingua veneta nasce per colmare queste lacune attuali e preservare questo patrimonio di varietà linguistiche.